Il Sindaco Ignazio Marino c’entra veramente coi disservizi della metropolitana di Roma?
Certo, c’è la morte del piccolo Marco nell’ascensore che portava alla fermata della metro; certo, ci sono gli scioperi bianchi dei macchinisti; certo, c’è un servizio pubblico che ancora fa acqua.
Ma tutto questo basta a giustificare la crocifissione di un sindaco riottoso, scontroso, malmostoso, che però è lontano, lontanissimo dalle logiche compromissorie dei partiti? Un sindaco che viene messo in croce proprio perché non ci sa fare coi partiti?
O c’è qualche cos’altro? Mafia capitale? Ma la relazione del prefetto Gabrielli, non dice che Marino deve andar via, semmai dovevano andare via subito i suoi predecessori.
Forse, a monte di tutto, c’è un’inconfessabile verità, che qualcuno cita correttamente ogni tanto, ma che i più si dimenticano; una verità nascosta fra le righe, strisciante, serpeggiante dentro i palazzi e non solo.
La verità che forse non è solo un problema di Roma, ma che trova il cuore del suo cuore proprio nella capitale.
La burocrazia, la burocrazia, la burocrazia. Il freno, il centro vero della corruzione e dell’inefficienza, il verminaio nascosto e sotteso in ogni ufficio, che, guarda caso, il prefetto Gabrielli ha perfettamente individuato nella sua ultima relazione.
Marino deve partire da qua. E la colpa del Sindaco è una sola: quella di non aver agito con abbastanza forza nei confronti del vero potere forte: la burocrazia.
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